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    Come sarà il cuoco del futuro? Bisogna fare la cosa giusta di Marino Marini

    Il cuoco del futuro

     

    Qualcuno mi ha chiesto, dopo i due articoli suoi cuochi di ieri e di oggi, di disegnare il futuro che aspetta queste nuove generazioni.
    È un compito arduo ma tenterò di illustrare le problematiche e le possibili scelte: ognuno deciderà poi secondo i propri orientamenti e le proprie capacità e sensibilità.

    Noi e il nostro pianeta stiamo vivendo un periodo particolarmente difficile. Stiamo rischiando di perdere il filo della storia, invasi da troppe sollecitazioni, non sempre in buona fede. La storia della gastronomia è percorsa oggi da contraddizioni stridenti. La finanza predomina nelle nostre vite, determina le nostre scelte, anche in cucina: nel ristorante come nell’albergo. Occorre esserne coscienti, se non si vuol rischiare di trovarsi ai margini della società economica. Bisogna tornare ad essere protagonisti del nostro futuro. Si spendono oggi fiumi di parole in favore di un futuro prossimo di consapevolezza. I temi da affrontare sono numerosi e di spessore culturale importante Occorre adesso dare le gambe a tutte quelle affermazioni che sentiamo, occorre tradurre in pratica quotidiana le prese di coscienza che si annunciano.

    La gastronomia contemporanea deve muoversi in un contesto che non può escludere la conoscenza delle problematiche ambientali e sociali, essere cuoco, pasticciere, sommelier, professionista di sala o manager non esime dalla conoscenza dello stato di salute del pianeta.

    • Consumare suolo, ad esempio, significa sottrarre spazio all’agricoltura e obbligarla a concentrarsi in spazi agricoli di tipo intensivo.
      Significa anche modificare il paesaggio rendendolo sterile ambientalmente e culturalmente.
    • Sprecare acqua significa impoverire il pianeta di una risorsa fondamentale.
    • Acquistare prodotti destagionalizzati significa perdere il gusto della materia prima che si esprime al meglio nella stagione propizia, ma significa anche favorire il mercato dell’agricoltura intensiva e a basso prezzo.
    • Consumare esclusivamente alimenti raffinati vuol dire perdere, in gusto e in proprietà nutrizionali, parte del nostro fabbisogno energetico.
    • Scegliere prodotti del territorio vicino a noi, serve a ridurre l’inquinamento dato dal trasporto, spesso inutile, di merci di altri paesi.
    • Acquistare la materia prima dai produttori e artigiani locali significa tutelarne e difenderne il futuro.

    Non necessariamente il cuoco deve fare il pane, coltivare l’orto, allevare animali, pescare i pesci. Affidarsi a ottimi artigiani, allevatori, coltivatori, pescatori rivela una concretezza verso il territorio e la sua economia di sussistenza e ne garantisce continuità. Acquistare prodotti, sani, biologici, di varietà antiche, vuol dire esprimere sensibilità verso quei prodotti a rischio di scomparsa.
    Cucinare e fare accoglienza vuol dire occuparsi degli altri: la cucina e i materiali, mobili e immobili, siano scelti con attenzione e nel rispetto dell’ambiente. Il cibo sia sano e leggero, comprensibile la lavorazione, le scelte spiegate con cura, i materiali siano sostenibili con un impatto minimo verso l’ambiente. La cura di sé, del luogo di lavoro, del territorio, siano parte integrante di scelte personali e collettive consapevoli che questa terra ci è stata affidata perché ne avessimo cura non per sfruttarne senza senso né misura le abbondanti riserve.

    Questo pianeta ritroverà la sua pace quando anche gli uomini vivranno in pace con sé stessi e gli altri. Tutto questo succederà quando si alzerà lo sguardo oltre l’orizzonte del quotidiano e del personale, quando insomma si rispetterà quello che ci è stato affidato. Il ruolo che rivestono oggi gli operatori dell’accoglienza, a tutti i livelli, sono molto più avanzati rispetto al passato, chi esercita queste professioni deve essere preparato tecnologicamente e culturalmente. Il suo sguardo professionale deve comprendere sì il ruolo precipuo per il quale si è preparato ma anche assumersi responsabilità più ampie.

    Al cliente non ci si limiti a somministrare cibo e servizi ma si sottolinei anche le bellezze, naturali, artistiche, produttive del territorio in cui si opera. Si diventi uno strumento promozionale delle occasioni sociali e culturali che la zona in cui si lavora, piccola o grande che sia, offrono.
    Oggi le parole d’ordine sono: consapevolezza, rispetto, conoscenza, cura e compassione. Non sprecare cibo né altro, rispettare l’ambiente e il paesaggio avendone considerazione, studiare abitudini e sapienze antiche, proporre visioni contemporanee senza troncare le radici con la società, è un compito arduo ma necessario per un futuro di nuova generazione di cuochi. Fosse solo per smentire quello che affermava James Joyce: “Dio fece il cibo, ma certo il diavolo fece i cuochi”.

    Marino Marini


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