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    Le tre Valli bresciane tra prodotti tipici e gastronomia: la Valle Trompia

    Valle Trompia

     

    Oggi è dunque arrivato il momento di raccontarvi delle nostre tre valli, ognuna delle quali si configura in modo diverso dall’altra.

    Per inciso, si chiama così – “3V” – anche un famoso sentiero bresciano, “disegnato” nel 1981 da Silvano Cinelli. Sviluppando un’idea del figlio Emanuele, tracciò un percorso ad anello che unisce tra loro le valli bresciane: un suggestivo itinerario che si snoda per circa 120 Km di lunghezza attraverso maestosi paesaggi.

     

    Sentiero 3V

     

    Iniziamo dalla Valle Trompia: quella definita dai bresciani come “fuori casa”. Si raggiunge facilmente attraversando i paesi che costeggiano il Mella partendo da Concesio per arrivare a Gardone Valtrompia e salendo su su fino a Collio, San Colombano e al Maniva, località sciistica.

    È la valle delle armi e della lavorazione del ferro, nota in tutto il mondo per i suoi fucili che da secoli partecipano a guerre in tutto il pianeta. È anche terra di boschi quindi di legna, carbone e allevamento di bestiame.

    Dal 1600 comincia a diffondersi l’agricoltura con il mais e le patate, mentre già in epoca precedente c’era l’allevamento del bestiame e da qui il passaggio all’arte caesaria e al formaggio è breve. Il vero problema della valle è la scarsità di pascoli e allora diventa tutto un girovagare tra il piano e il monte – “a maià ‘l fé” – ossia tra l’alta valle fino a Bagolino e la pianura fino a Brescia. Mons. Fappani ricorda che in una cascina di San Polo, fino a pochi anni fa, c’era un cartello ben visibile: “Malghesi di Collio più non ne voglio”.

    Qui si producono formaggi sia a pasta dura, come il Nostrano della Valtrompia Dop, sia a pasta molle come la formaggella di Collio, ed anche il burro delle malghe come ricorda questo documento storico:

    “Nelle comuni dello stesso superiore distretto si fabbricano copiosamente burro, formaggio, stracchini e altri prodotti di latte che si smerciano quasi per intero in Brescia, eccetto piccola porzione che si consuma in luogo“.

    La montagna offre riparo ed è la ricerca di questi ripari che permette di scoprire la presenza di ferro, ma lo scopo principale, oltre al riparo dalle intemperie e dal freddo che serve qui come in altre valli, è conservare gli alimenti nei mesi caldi, una sorta di frigorifero naturale. Tant’è che alle Graticelle di Bovegno si è recuperato un deposito di una vecchia miniera e si sono messe a stagionare le forme di Nostrano Valtrompia Dop.

    Questo è un formaggio che, oltre ad essere ottimo gustato da solo, si presta come ingrediente in varie ricette: una di queste è una variazione sul tema Malfatti tratta dal ricettario del Nostrano Valtrompia Dop.

    Ecoo qui la ricette dei Malfatti di Nostrano Valtrompia Dop e borragine con pesto di aglio orsino

    Ingredienti per 8 persone

    Per i malfatti
    1,3 kg di Nostrano Valtrompia DOP
    350 gr.di farina 0 bio
    6 uova bio
    600 gr.di borragine lessata
    (temperatura dell’acqua alta per preservare il colore, raffreddata velocemente e strizzata)

    Per il “Pesto”
    30 foglie di aglio orsino
    ½ cucchiaino di sale grosso
    1 manciata di noci bio
    1 manciata di Nostrano Valtrompia
    100ml di olio extravergine di oliva

    Preparazione

    Tritare il Nostrano Valtrompia, pesare 1,3 kg di formaggio, aggiungere farina,uova e 600 grammi di Borragine sminuzzata, mescolare energicamente.
    Preparare dei cilindri di impasto, tagliare come per un normale gnocco e modellare con i palmi delle mani fino a dare ad ogni malfatto la classica forma ovoidale.

    In un mortaio di marmo mettere le foglie di aglio orsino a piccoli pezzi ( sminuzzate a mano o con un coltello di ceramica) il sale e le noci, con un pestello sminuzzare e amalgamare per una decina di minuti, aggiungere il formaggio e amalgamare. Unire poco per volta l’olio extravergine di oliva.

    Lessare i malfatti in abbondante acqua salata, quando vengono a galla sono pronti.
    Passarli rapidamente in pentola con un poco di olio evo, una noce di burro e poca acqua di cottura.
    Impiattare i malfatti e mettere al centro una cucchiaiata di pesto di aglio orsino.

     

    La Valle Trompia è stata anche la meta dei cacciatori e qui sono sorte parecchie trattorie dove la domenica il profumo dello spiedo spandeva tra i boschi. La Pinòla a Inzino, il Miramonti a Caino erano le mete preferite dei bresciani e a chi chiedeva del pesce la Pinòla rispondeva: “vèdet èl mar lé föra?”.
    Angel Albrici ricorda:

    “Sö le brase gira ‘l spiét,
    che bun’aria profömada
    nissü i passa per la strada
    che resiste a vègner dét,
    miga sul che per la sét…”

    Ma la Valle del ferro e delle Miniere nasconde anche altre bontà gastronomiche: nella Valle del Garza troviamo marroni e castagne che la nonna trasforma in minestre, patuna (castagnaccio), e ripieni per l’anatra o per il tacchino.

     

    Castagnaccio

     

    A Collebeato, Villa Carcina, San Vigilio e Concesio, appena fuori dalla città, da più di cent’anni si coltivano le pesche sui terreni che furono di proprietà dell’Ospedale Maggiore di Brescia, lo ricordano sia Marcello Zane, sia mons. Fappani:

    “Filippo Rovetta è stato un pioniere, ha cambiato l’aspetto delle campagne di Collebeato, dalla Piana agli argini del Mella. Importate le varietà di pesche americane, disposto l’impianto con razionalità, ottenendo il prolungarsi del ciclo produttivo in un arco di circa sei mesi, di qualità pregiate, ha dimostrato che si poteva cambiare, migliorando anche nei campi. (…) Sul suo esempio anche nelle altre aziende si diffusero nuovi metodi di coltivazione ed il nome di Collebeato venne conosciuto un po’ dappertutto, ovunque arrivassero le nostre magnifiche pesche”.

    Molto amata dai bresciani è una facile ricetta a base di pesche locali: la Persicata, da tenere a mente per la prossima estate.

     

    Persicata

     

    I tempi cambiano, le abitudini gastronomiche si aggiornano, tanto che a Lavone di Pezzaze viene aperta la “Rebecco farm” che prevede la riattivazione di un complesso rurale del territorio con l’intento di offrire una vetrina ai prodotti locali.

    Dopo un periodo di chiusura anche le ruote del Mulino di Marmentino, situato nella frazione di Ville, hanno ricominciato a girare. Dalla scorsa estate (2020), ha infatti riaperto i battenti per promuovere il turismo e la gastronomia del territorio valtriumplino e di questi tempi (Covid-19) si è mantenuto attivo anche con l’asporto. Un luogo dove la gastronomia dell’Alta Valle sposa le attività culturali, sportive e didattiche. Insomma, segni di “resilienza”.


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