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    Quanto possiamo rimanere seduti al tavolo di un ristorante o di un bar?

    Persone al ristorante

     

    D’estate ci piace uscire a cena, scambiare due chiacchiere in compagnia, prolungare la sosta al tavolo oltre il caffè e l’amaro, goderci la serata all’aperto senza fretta. Vi siete mai chiesti se è lecito che il titolare, terminata la consumazione, ci inviti a uscire? E vi è mai capitato che vi spegnessero le luci in sala? E avete mai trovato appeso in un locale un cartello con la scritta: “non sostare al tavolo oltre il tempo dell’ordinazione”?

    Domanda: qual è il tempo che ci è consentito trascorrere al tavolo di un ristorante o al tavolino di un bar?
    Va tutelato il diritto dell’avventore che ha pagato la consumazione e vuole godersi la serata o quello dell’esercente che ha diritto di lavorare di “girare” più volte il tavolo? Chi ha ragione tra i due?

    Vediamo cosa dice la legge 

    Iniziamo chiarendo che la legge non prevede un tempo massimo consentito per fermarsi al tavolo di un locale. Occupare un tavolo è normale quando si consuma al bar o al ristorante, fa parte del contratto tra esercente e cliente. E quest’ultimo ha tutto il diritto di consumare il suo pasto o la sua bevanda con calma, senza che gli si metta fretta.
    Però va precisato che il locale, in quanto esercizio privato, ha delle regole ed è il titolare che decide in che modalità gestire i propri spazi. C’è chi ama far sentire il cliente a proprio agio e mette a disposizione riviste e libri da sfogliare al tavolino durante un caffè o un aperitivo, chi programma serate di musica dal vivo per intrattenere gli ospiti e chi, addirittura, si cimenta in numeri di prestigio per far divertire i clienti a fine cena. Quindi non tutti hanno fretta che il cliente se ne vada. E ogni momento aggiuntivo diventa prezioso ingrediente per consolidare il rapporto con i propri clienti.
    In qualche locale si possono trovare affissi dei cartelli con le condizioni per le consumazioni e l’uso degli spazi. Per esempio, c’è una differenza di prezzo se si prende il caffè al banco o al tavolo, se si consuma in loco o si prende cibo da asporto. Tutto ciò, confermano gli avvocati, è lecito.
    Allo stesso modo, un titolare può vietare a un avventore di sedersi al tavolo del proprio locale se non consuma o di usare la toilette senza effettuare alcuna consumazione. Come sempre, basta essere chiari.

    La regola è il buonsenso

    Quindi, se non esistono norme di legge, sul tempo “accettabile” per consumare la propria ordinazione, quanto si può sostare?
    La risposta è semplice ed è affidata al nostro buonsenso. Un gesto garbato, per esempio, terminato il pranzo o la cena, è chiedere al titolare di poter sostare del tempo aggiuntivo, magari complimentandosi per l’ospitalità. Quando si è in buona compagnia fa sempre piacere fermarsi più a lungo, godersi la serata senza tenere l’orologio puntato, dunque un segno di buona educazione può essere quello di avvisare il gestore e chiedergli se è d’accordo.
    Resta sempre valido il principio della buona fede, citando il Codice Civile, secondo il quale entrambe le parti, nell’esecuzione di un contratto, sono tenute a comportarsi secondo la buona fede.
    Cosa significa? Per buona fede si intendono comportamenti corretti e rispettosi degli altri e degli altrui diritti. Il che vuol dire che se nel locale si è creata una coda di clienti in attesa di un tavolo e noi abbiamo già finito il nostro pasto, potremmo essere così gentili da liberare il tavolo di nostra iniziativa o attendere che il titolare ci inviti a lasciare il posto agli altri.
    Anche informarsi preventivamente fa parte del buonsenso. Quando prenotiamo o quando entriamo in un locale, se sappiamo che vogliamo prolungare la serata in compagnia, chiediamo se sono previsti altri turni di prenotazione. Così possiamo regolarci di conseguenza, valutare se sostare qui o andare a bere qualcosa altrove, ed evitare di disagi sia a noi che a chi gestisce.

    Francesca Gardenato


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