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La leggenda vuole che l’imperatore Qin Shi Huangdi, sul trono della Cina dal 220 al 210 a.C., fosse ossessionato dalla vita eterna al punto da commissionare ad un alchimista un elisir in grado di sconfiggere l’inevitabile progredire della vecchiaia: nacque così il Tè Kombucha.
Bevanda frizzante, leggermente acidula e talvolta dolciastra – come il sidro di mele – è a base di tè zuccherato, il più delle volte tè nero, lasciato fermentare con una sostanza gelatinosa – la matrice batterica o madre – chiamata SCOBY. Al pari della birra, del vino, e di altre bevande fermentate, il Kombucha è largamente consumato in tutto il mondo e negli ultimi anni sta avendo un sempre maggiore successo, grazie anche alle sue numerose proprietà benefiche.
Le origini del Kombucha, però, sono ancora in parte avvolte nel mistero: quello che sappiamo con certezza è che veniva consumato più di duemila anni fa in Oriente. Secondo la versione più accreditata sarebbe nato in Cina, ma si rincorrono numerose testimonianze che ne farebbero risalire le origini al Giappone o alla Corea. Si narra che, nel quinto secolo avanti Cristo, l’imperatore giapponese, ormai prossimo alla morte, facesse chiamare un miracoloso dottore coreano di nome Kombu-ha-chimu-kami-ki-mu, noto come dottor Kombu, con la speranza di essere salvato. Il dottore Kombu riuscì a preparare un elisir portentoso in grado di salvare l’imperatore. Così in tutto il Giappone fu resa nota la bevanda per celebrare la miracolosa potenza del tè del dottor Kombu. E dato che in giapponese il tè si pronuncia “cha”, deriverebbe da qui il termine “Kombu-Cha”.
Una bevanda tenuta in gran considerazione dal popolo cinese e giapponese. Numerosi documenti provano come questo tè venisse utilizzato persino dai Samurai durante il decimo secolo avanti Cristo. Erano soliti berlo prima di ogni battaglia o combattimento, poiché li rendeva più forti e astuti. Maestri alchimisti e guaritori crearono diverse bevande a base di Kombucha, promuovendo le sue svariate virtù. Grazie a loro, passando dalla Russia, poi in Europa e infine persino in America, il Kombucha, a tutt’oggi, è bevuto, in quasi tutto il mondo.
Come anticipato, la chiave di questa bevanda fermentata è lo SCOBY, acronimo di Symbiotic Culture of Bacteria and Yeast (Coltura simbiotica di batteri e lieviti). Chiamato anche matrice batterica o madre, questo micro ecosistema di Gluconacetobacter, Acetobacter, Lactobacillus e Zygosaccharomyces crea una simbiosi perfetta con il tè zuccherato, una volta inserito in un contenitore in vetro. Durante il processo di fermentazione – di solito tra le due e le tre settimane – i batteri si nutrono dello zucchero e crescono fino a coprire il tè, creando in questo modo una sorta di pellicola gelatinosa, che previene la contaminazione da agenti esterni. Contrariamente a quanto si pensi, lo SCOBY non è un fungo, ma un concentrato di micro-organismi vivi che rendono il Kombucha una bevanda funzionale con innumerevoli effetti benefici per il nostro organismo.
Ricco di antiossidanti, vitamine del gruppo B e sostanze antibatteriche, il Kombucha rinforza il sistema immunitario, depura il fegato e migliora il funzionamento dell’apparato gastrointestinale. Studi scientifici confermano le sue virtù su corpo e mente, anche se alcune recenti ricerche metterebbero in guardia i consumatori con problemi di assimilazione degli zuccheri sul non abusarne.
Ormai è diventato facile trovare il Kombucha anche in alcuni centri commerciali o negozi specializzati in alimentari salutari. In particolare a Brescia è possibile provare il Kombucha in locali dove viene prodotto artigianalmente. Ne è un esempio Alimento, il laboratorio di Cesare Rizzini di Via Agostino Gallo di Brescia, che realizza una propria versione di Kombucha con il tè al limone. In alternativa, al Bioetico di Corso Lepetit a Darfo Boario Terme, è possibile trovare alcuni Kombucha realizzati da Fervere, una delle principali aziende italiane specializzate nella produzione, imbottigliamento e vendita di un Tè Kombucha artigianale.
Elisa Erriu
