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    La donna in cucina si guadagna le stelle sul campo

    Chef donna

     

    La donna in cucina è poco celebrata, come se fosse una cosa naturale e inamovibile il fatto che a cucinare tocchi sempre a lei. Sono decenni ormai che se ne discute, negli anni Settanta Dacia Maraini in persona era intervenuta con un articolo su “Tuttolibri”. Basta leggere gli antichi manuali dei cuochi più famosi di un tempo per capire che la donna non era mai considerata. Le istruzioni si riferivano a cuochi, garzoni, sguatteri con una particolare attenzione alla sporcizia e alle ruberie. Il capo cuoco, non si usava il termine, banale, di chef, era il re della cucina, il trinciante e il maestro di casa i padroni della sala e delle feste. Per vedere una donna alla testa di una brigata di cuochi occorre aspettare qualche secolo.

    In Francia, ancora lì, si chiama mère Eugénie Brazier, una cuoca autodidatta che entrata in cucina non ne è più uscita fino a raggiungere le meritate tre stelle, anzi, macarons, come dicono i francesi. Les méres erano le cuoche di Lione famose in tutto il Paese per la loro cuisine de ménage, in Francia contrapposta da sempre, alla grande cuisine. Queste mères, invece si imposero e divennero famose allevando futuri chef come Paul Bocuse e Georges Blanc.

    Dall’altra parte dell’oceano si fanno strada altre grandi cuoche trascinate dalla cuoca di Pasadena Julia Child formatasi nei tanti anni vissuti a Parigi e divenuta famosa sul piccolo schermo interpretata anche in un celebre film con Meryl Streep. Da Istria giunge Lidia Bastianich considerata l’erede della Child per la sua imprenditorialità e per l’ostinazione nel far riconoscere la cucina italo-americana come corrente tradizionale ormai separata dalla madre patria.
    Un’altra cuoca proveniente dalla Francia ma cresciuta in America è Dominique Crenn, la prima donna americana a ricevere prima due, poi tre stelle Michelin. Nancy Silverton invece fa il percorso inverso: viene in Italia per imparare a fare gli impasti di pane e pizza, poi apre a Los Angeles il suo forno, Mario Batali, uno chef stellato americano, racconta che “Los Angeles impazzì per il pane della Silverton”.

    Alice Waters è una cuoca e saggista statunitense, attivista per l’educazione alimentare e proprietaria del celebre “Chez Panisse” di Berkeley, California. Nel 1996 ha creato il progetto “Edible Schoolyard”, un orto adiacente la cucina della scuola coltivato dagli alunni. È la vicepresidente di Slow Food International. È grazie a lei che Michelle Obama ha fatto del giardino della Casa Bianca un laboratorio di agricoltura biologica.

    Per Ana Roš chef del ristorante “Hiša Franko”, a Kobarid, in Slovenia, il percorso è stato tutto in salita, come capita spesso alle donne, ma oggi è riconosciuta come una delle cuoche più affermate al mondo. Allieva di Alain Ducasse, Hélène Darroze di strada nell’alta cucina ne ha fatta molta. Premiata con due stelle Michelin dopo aver sostituito Angela Hartnett al Connaught Hotel di Londra, Darroze è anche nota per aver ispirato il personaggio di Colette nel film della Pixar del 2007, Ratatouille.

    Classe 1952, catalana e femminista, Carme Ruscalleda è stata la prima chef spagnola a ottenere la terza stella Michelin nel 2006 per il suo ristorante «Sant Pau» (chiuso nel 2018 per dedicarsi al laboratorio creativo Cucina Studio). Severa e un po’ ribelle, tanto da aver rifiutato nel 2014 il riconoscimento di Miglior chef donna dei World’s 50 Best. Anne-Sophie Pic è una chef francese nota per aver riconquistato tre stelle Michelin che aveva avuto prima il padre per il suo ristorante, “Maison Pic”, nel sud-est della Francia. È la quarta chef donna francese a vedersi assegnate le tre stelle Michelin.

    In Italia, se guardiamo i riconoscimenti della Michelin, ci avvaliamo di un metodo poco significativo, vogliamo forse dire che le cuoche non stellate non valgono nulla? Chi l’ha detto? Usare quel metodo denuncia appiattimento e un po’ di servilismo. Comunque, pur accettando quel metodo solo il 4% delle cuoche in tutto il mondo hanno le stelle Michelin ma di queste, un terzo, sono italiane. Altri invece sono i meriti delle cuoche,  primo fra tutto la tenacia per un lavoro duro e, se hanno pure famiglia complicato da gestire. Da noi a partire dal Novecento si sono affacciate sulla scena culinaria cuoche di grande livello.

    La prima da ricordare è la “sora Lella”, Elena Fabrizi ristoratrice romana e personaggio televisivo famoso non solo perché era la sorella di Aldo Fabrizi ma per la sua semplicità nel porre sul piatto la sua cucina romana. Su tutte ricordiamo anche Mirella Cantarelli che a Samboseto, nella campagna parmigiana faceva strabiliare i clienti. Un’altra indimenticabile: Lidia Alciati cuoca da Guido da Costigliole (d’Asti) memorabili i suoi agnolotti dal plin. Non molto distante Mary Barale al “Rododendro” di Boves nel cuneese decide di continuare a cucinare nonostante la vedovanza e due figlie. Senza stelle ma nel cuore dei clienti abituali le donne della Buca di Zibello: Romilda, Zaira, Elena e Miriam, dal 1896 si susseguono nella cucina ammirata anche da Giovannino Guareschi.

    È riconosciuta come la maestra di tante cuoche (anche di tanti cuochi a cominciare da suo figlio Giovanni) Nadia Santini che si presenta sempre tutt’uno con la sua famiglia: i Santini dal Pescatore di Runate a Canneto s/O in quello spicchio di Bassa tra il Cremonese, il Bresciano e il Mantovano. Luisa Marelli Valazza mostra orgogliosamente il suo cognome da ragazza quando con il marito, negli anni ’70 rilevano un piccolo albergo a Soriso sul lago di Varese. Lo chiamerà “Al Sorriso” e sarà un punto di riferimento internazionale anche per la grande professionalità del marito Angelo.

    Tre grandi cuoche “nascoste” dalla fama dei mariti sono Silvana Colombani meravigliosa interprete della cucina lombarda a Maleo in quel ristorante, Al Sole nel lodigiano, applaudita da Gioann Brera aficionado cliente; la seconda è Franca Franceschini del ristorante “Romano” di Viareggio forse la migliore cucina di pesce del Tirreno; la terza, una donna francese che all’”Enoteca Pinchiorri” di Firenze riuscì a riconquistare, dopo averle perse, le tre stelle della guida rossa, stiamo parlando di Annie Feolde.

    Al “Caino” a Montemerano di Grosseto si era presentata questa ragazzotta per lavorare in cucina e non se n’è più andata, Valeria Piccini dimostra subito le sue capacità e diventa un esempio anche per tanti chef futuri come Niko Romito. Ancora due grandi cuoche che non possiamo dimenticare per l’amicizia che ci lega: Antonella Ricci cuoca presso il “Fornello da Ricci” a Ceglie Messapica nel Brindisino, testimone di una tradizione locale dei “fornelli”  delle antiche trattorie popolari e perpetuatrice dell’opera di papà Ricci che aveva iniziato l’attività.

    È di pochi giorni fa la notizia che Isa Mazzocchi ha ottenuto il riconoscimento per il 2021 di miglior chef donna istituito dall’Atelier des Grandes Dames di Veuve Clicquot e Michelin, con l’intento di premiare le migliori rappresentanti della ristorazione italiana. Le vincitrici precedenti sono state tra le migliori cuoche delle nuove generazioni: 2017, Caterina Ceraudo; 2018, Fabrizia Meroi; 2019, Martina Caruso; 2020, Marianna Vitale che recentemente ha deciso di aprire una scuola di formazione culinaria per i ragazzi che escono dal carcere di Nisida, per quelli che scappano dalla guerra, per quelli che non hanno una casa e per tutti coloro che hanno voglia d’imparare, di formarsi, di migliorare professionalmente.

    Venissa” è un posto idilliaco, un ponte unisce il borgo di Burano a un’isola nella laguna veneta famosa per i suoi merletti al tombolo. In questo ristorante con osteria contemporanea hanno cucinato tre grandi cuoche del nostro tempo: Paola Budel, tanti anni con Gualtiero Marchesi, Antonia Klugmann friulana di grande talento e Chiara Pavan, l’attuale titolare della cucina.

    Paola Budel ci fa il punto della situazione femminile all’interno delle cucine: “Se rimani incinta sono assolutamente fatti tuoi, per esempio, è come se non lavorassi. Non sono cose da sottovalutare, non hai alcun tipo di tutela. Puoi anche fare dei sogni ma è la realtà, ci sono degli impedimenti reali. Poi storicamente la ristorazione è legata alla figura del cuoco maschile, così come in tanti altri lavori. Rimane un grosso scoglio come quello del welfare di uno Stato che penalizza tanti lavori e lavoratori”.

    E a Brescia? Anche noi abbiamo avuto e abbiamo ancora grandi cuoche che imperavano nelle cucine dove oggi magari ci sono gli chef come al Miramonti l’altro di Concesio dove esercitava Maria Muffolini che poi lasciò le redini a Philippe Léveillé, A Inzino, vicino a Gardone Valtrompia c’era la Pinòla famosa per i suoi casoncelli, a Sant’Eufemia Maria Catìa e la sua mamma, al Gambero di Calvisano mamma Edvige e tante altre. Oggi a Erbusco ha chiuso il famoso ristorante “Da Nadia”, il regno di Nadia Vincenzi che, lo speriamo con tutto il cuore, riapra presto da qualche parte. Sui monti di Serle, in frazione Castello la trattoria omonima vede ai fornelli Lorena Sorsoli da almeno tre decenni, una cuoca con una grande sensibilità di cucina che esprime nei suoi piatti.
    Insomma, c’è speranza se ai fornelli c’è una donna!

    Marino Marini


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