Nell’immensa e verde campagna di Rodengo Saiano, nel cuore della Franciacorta, tra distese di vitigni e l’antica Abbazia Olivetana del X secolo, l’Azienda Agricola Il Colmetto ha saputo rendere preziosi più di trenta ettari di terra per allevare, produrre e offrire una cucina agricola che brilla come una stella.
Nell’edizione 2023 della guida Michelin Italia la “Stella Verde” è stata assegnata infatti proprio alla cucina agricola dello chef Riccardo Scalvinoni e del suo team, premiando in questo modo Il Colmetto come ristorante all’avanguardia nel campo della sostenibilità.
Arriviamo a Il Colmetto sul far della Primavera e l’accoglienza di Francesca diventa un percorso nell’oasi verde dell’azienda agricola per comprendere la filosofia e la linea gastronomica che troveremo nella degustazione.
Non è solo il ristorante a rendere Il Colmetto un agriturismo gourmet, sono anche gli asini romagnoli, allevati solo per conservare la specie e le bianche capre Saanen, che ascoltano musica rilassante in filodiffusione. Sono le serre e gli orti per l’autoproduzione di ortaggi, frutta e erbe aromatiche, sono gli ingredienti ancor più vicini del km zero, rispettosi della stagionalità. È inoltre il caseificio per la produzione esclusiva di formaggi di capra ed è anche la passione di una giovane brigata, guidata da Roberta.
Un insieme di avanguardie che si rispecchia nella proposta “Faccio io”, la degustazione più rappresentativa di questa cucina, sapientemente consigliata da chef Riccardo.
“Faccio io” è un percorso completo – proposto dalla cucina e preparato con ingredienti di stagione – nel rispetto dei ritmi della natura.
L’eccellenza delle materie prime, molte autoprodotte e locali, è presentata senza rielaborazioni sofisticate, ma la precisione e l’attenzione alle caratteristiche di ogni ingrediente, rendono ogni portata un’esperienza visiva e gustativa di alto livello.
Il benvenuto della cucina si apre con l’essenziale : il pane e il burro. Un pane di lievito madre e un burro di capra montato, che come una nuvola ci accompagna per tutto il percorso degustativo, rimandandoci al lontano pane e burro, che da bambini era la nostra merenda.
Il vino consigliato da Nicolò è un bollicina e il produttore Cherubini, fuori dal consorzio Franciacorta, è una proposta alternativa, un metodo classico differente, con note particolari da accostare ai primi assaggi.
Come in una tela, un piatto bianco come il burro si colora di gusti essenziali e ricercati insieme : Sedano rapa, Capolino e Porri , Topinambur, Broccoletto con erbe amare, compongono sapori precisi che esaltano l’amaro, come tratto distintivo della cucina contadina.
Focaccia, gnocco fritto, crema di cavolfiore e brodo di carciofi con olio di cedro sono i contorni sapientemente studiati per riequilibrare questa proposta, in aggiunta un Gin tonic con ginepro fermentato e foglie di limone : un’alchimia sofisticata ed elegante di sensazioni gustative e olfattive
Nella Tartare di pomodoro fuori stagione lo chef ci porta il sole dell’estate nel piatto, l’essenza del pomodoro crudo, con olio e sale, si mescola al pomodoro cotto in padella con la colatura, nella creazione di un tartare di consistenze diverse, dove il re è il pomodoro dell’orto.
Con la Verza alla brace e bagnacauda del lago il legame con il territorio e la tradizioni è molto forte, non è una bagnacauda tradizionale dominata dalle acciughe, ma ad ammorbidire questa verdura invernale è la sarda del lago di iseo, in un connubio di sapori insoliti legati dalla marinatura e dalla bruciatura della verza.
E nel Pesce siluro alla mugnaia ritorna ancora una volta la scoperta di un piatto povero e dignitoso e la passione per il territorio. L’utilizzo del pesce siluro valorizzato alla mugnaia con gel di carpione, capperi di monte ed erbe spontanee, ha trasformato una minaccia ambientale in un piatto superbo e ci ha dato la possibilità di apprezzare questo tonno di acqua dolce dalla carne molto delicata.
A queste particolari proposte seguono i primi piatti, dove le materie prime vegetali rispettano la stagionalità e dimostrano la particolare attenzione all’uso completo di ogni elemento per la riduzione, il più possibile, degli scarti.
Nel Plin di lattuga, rabarbaro, lenticchie, olive verdi i tortelli richiamano i plin delle langhe e sono ripieni della lattuga dell’orto e serviti su un fondo di olive e lenticchie, con la nota amarognola del rabarbaro. Sapori unici che riportano al mondo contadino semplice e diretto.
Ma è soprattutto nel Riso, latte bruciato e tarassaco che si coglie la forte relazione tra la memoria e la dimensione emotiva del cibo, il gusto, l’odore e gli ingredienti evocano immediatamente il passato , la minestra di latte preparata dalla nonna e la raccolta delle cicorie, sottolineano ancora una volta quel mondo contadino di semplicità e cura insieme.
Capretta è la portata di carne scelta: sella di capra cotta inizialmente in padella e terminata nel forno a legna, come si faceva una volta, come la tradizione bresciana vuole.
E come la tradizione insegna, il vino abbinato è rosso, un Cabernet Franciacorta di Monticelli Brusati, ultima annata.
E la dolcezza delle Capre da carne e da latte, chiudono questo percorso negli assaggi del formaggio con latte e menta e nello yogurt che rimanda agli ultimi freddi, nell’utilizzo dell’arancia rossa e dei semi di zucca.
Anche la Piccola Pasticceria servita con premurosa professionalità da Matteo, diventa una nuova esperienza di sensazioni visive e timbri gustativi ricercati: Sbrisolona e zabaione, Torta di rose, Gelato al latte fior di capra, Cedro candito e Cioccolatini alla mandorla aggiungono una dolcezza particolare a questa esperienza.
Ed è quando il sapore dell’ultimo assaggio ci rimane addosso che scopriamo il percorso vissuto, ed è quando incontriamo lo chef Riccardo – che siede con noi al tavolo e inizia il racconto con “Mio padre faceva il fornaio… ” – che la storia de Il Colmetto ha il suo inizio. Quello vero.
Giovanna Peli